Torino – 7 settembre 1706
Data decisiva per le sorti del piccolo Ducato dei Savoia.
Dopo mesi di assedio alla città di Torino il potente e blasonato esercito di Luigi XIV, il temuto Re Sole, viene clamorosamente sconfitto.
Il duca Vittorio Amedeo II ottiene il titolo di Re di Savoia e Sicilia dal congresso di Utrecht e l’affrancamento dall’ingerenza dei Francesi negli affari del piccolo stato piemontese.
Cento anni dopo nei salotti di Parigi la vittoria dei torinesi è ancora un argomento imbarazzante.
Il passaggio da ducato a regno è la prima pietra su cui poggerà la costruzione dello Stato italiano e, sempre la città di Torino, un secolo dopo, sarà teatro dei moti risorgimentali, nonché prima capitale.
Assurto a rango di sovrano dunque, Vittorio Amedeo II incarica l’abate Juvarra di dare contegno reale alla città di Torino. Nei trent’anni di lavoro alla corte di Vittorio Amedeo II dall’inizio del 1700, l’abate architetto lascia un importante numero di preziosi capolavori, tra cui: la Basilica di Superga, eretta, quale ex voto, sul colle da cui il futuro re osservò e comandò la resistenza all’assedio; la Palazzina di caccia di Stupinigi; la facciata di Palazzo Madama; una ricca serie di interventi urbanistici volti a dare prospettiva e respiro aristocratico alle vie e piazze della città.
Tra questi l’intervento su via Milano: via angusta, contorta e circondata di tuguri malfamati viene scelta dall’abate per un progetto di via trionfale, a ricordo perenne dell’epopea del nuovo re: una linea retta, facciate settecentesche ed i portici di Piazza della Repubblica a coronarne l’ingresso. Il nome? Porta Vittoria, naturalmente.
Di quell’idea rimane il fascino ed il genio dell’intervento dalle velleità auliche, con la soluzione della piazzetta dove sorge la Basilica dei Mauriziani all’angolo con via della Basilica: non potendola abbattere, né ruotare sull’asse diritto
della via, Filippo Juvarra inventò lo slargo a rombo.
Ai Domenicani invece, forse meno potenti dei Mauriziani, ”amputò” una navata: la chiesa all’angolo con via San Domenico, la più antica della città, ne porta i segni visibili all’interno. Nei suoi sotterranei si stanno esplorando le gallerie del Tribunale dell’Inquisizione, che aveva sede presso i Domenicani.
Nell’ottocento però, ed ancor più all’inizio del novecento, via Milano abbandona le ambizioni trionfali e si riprende la sua colorata caratteristica di porta d’ingresso alla città: fiorisce un ricco luogo di scambio dei prodotti in arrivo dalle campagne.
La Piazza della Repubblica (detto mercato di Porta Palazzo) si sviluppa sino a diventare oggi la più grande area mercatale d’Europa. E’ considerata la più conveniente, tanto che, per raggiungerla, partono dalla vicina Francia ogni sabato, pullman pieni di transalpini diretti a consumare il rito dello shopping italiano.
Gioiellerie, negozi d’abiti da sposa e bomboniere sorgono in via Milano in densità inusuale: è qui infatti che da sempre arrivavano dalle campagne i promessi sposi per i preparativi alle nozze.
E poi locande. Tante, una di seguito all’altra, molte di dubbia fama. D’equivoca frequentazione quella all’angolo con via IV Marzo, oggi Residenza Juvarra: tra le “facilities” offriva un cinema a luci rosse, rimasto aperto fino a pochi anni fa.
Oggi tutta quest’area intorno all’asse di Via Milano assiste ad una stagione di recupero architettonico ed ambientale, con una tesa domanda di appartamenti, con l’apertura di atelier e locali di tendenza.
Un risvegliato interesse turistico internazionale la inserisce tra le imperdibili atmosfere della città.
Noi che qui lavoriamo ed abitiamo, siamo felici di condividere con i nostri ospiti l’opportunità di vivere, e non solo attraversare, quelle inspiegabili suggestioni secolari e capitali che solo il cuore più antico di un regio insediamento urbano può offrire, quale raffinato inesauribile antidoto alla mediocrità del vivere di massa.
L. Agrosì
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